Come ci ha detto Valentina Diana quando ce l’ha mandato: preparatevi. Questo non è un Liala.
Buona lettura.
Quando facevo il liceo, io e la mia compagna di classe preferita siamo andate in vacanza in tenda da sole in un’isoletta.
Là abbiamo incontrato uno seduto che suonava la chitarra benissimo e ci siamo innamorate di questo uno che aveva una quindicina d’anni più di noi.
Poi questo uno, col passare dei giorni, si è capito che era indeciso su quale di noi due scegliere, perché eravamo molto diverse, e forse gli piacevamo, per certi aspetti, tutt’e due.
Io e la mia compagna di classe preferita, se ci fosse andato bene, se per noi non ci fosse stato problema, si poteva fare una cosa tutt’e tre insieme nel letto, ci ha detto lui a un certo punto.
Dato che aveva fatto centinaia di chilometri apposta per venirci a trovare.
Ma noi non eravamo sicure, no, non eravamo sicure, che l’idea fosse buona. E forse volevamo che lui, ad un certo punto, prendesse una decisione che dicesse: voglio solo te, e tutto il romantico che ne consegue.
Ma non accadde.
Non fu facile quella notte, e neanche la mattina, anche perché, beh, aveva fatto tutti quei chilometri e suonava mr bojangles alla chitarra magistralmente bene.
Ci pensammo in bagno, davanti allo specchio.
Ci odiammo l’un l’altra pensando Se tu non esistessi. Se tu sparissi.
Poi prendemmo la decisione di perderlo il giorno stesso.
Lui ripartì, con rammarico, qualche sospiro sardonico, qualche doppio complimento volutamente enfatico. Tutto doppio.
Per un niente, dopotutto si sarebbe anche potuto fare. Eravamo piene di energie, eravamo piene di sogno.
O forse quell’uomo era venuto a insegnarci qualcosa di importante: la bellezza delle cose che nascono per non sopravvivere nel tempo.
Non imparammo niente.
Per diverso tempo continuammo a scriverci sul diario il suo nome, ad amarlo cosi, con le parole che ci dicevamo tra noi.
Ne parlavamo e lui diventava nostro, una cosa nostra come la volevamo noi: più bella, con più vento, più sole, molto più sogno.