C’era un vaso di aloe, che per me era una pianta del tutto insignificante e brutta.
Non volevo avere niente a che fare con quella pianta e nemmeno sapevo come si chiamasse.
Un giorno mia cugina è venuta a cena e l’ha vista, ha detto: ma questa pianta di aloe? Dovresti fare qualcosa, è troppo stretto il vaso, e le foglie si stanno seccando perché le radici non hanno posto e stanno troppo strette.
Ho guardato la pianta, ho pensato per la prima volta a lei come a qualcosa con un nome.
Il giorno dopo ho preso un altro vaso e della terra. Ho diviso la pianta in tre. Una parte l’ho messa nel nuovo vaso, una parte l’ho infilata in un vaso lungo, dove c’era un’altra pianta, ma piccola, che non occupava molto spazio, l’ultima parte di aloe l’ho lasciata nel suo vaso vecchio.
Quando mia cugina è tornata, il mese dopo, le ho fatto vedere come avevo suddiviso l’aloe e lei ha detto: stanno molto meglio, vedrai.
Dopo mi sono proprio dimenticata delle tre aloe, perché comunque, anche se sapevo il nome, con loro non avevo quasi mai a che fare. Loro stavano per conto loro, io per conto mio.
Passati altri quattro mesi è arrivata l’estate, è venuta mia cugina, e mentre stavamo bevendo una birretta, all’improvviso lei ha indicato un vaso di quelli che stavano all’ombra vicino al muretto. Ma quella è l’aloe – ha detto. Io ho guardato dove guardava lei e mi sono ricordata. Si – ho detto.
È cresciuta tantissimo – ha detto mia cugina.
Sembra proprio di sì – ho detto.
E allora mia cugina è andata a vedere gli altri due vasi, e anche lì le aloe stavano molto bene e avevano le foglie verdi e contente e molto cresciute, segno che hanno ricevuto le cure giuste – ha detto mia cugina.
Da quel giorno ho voluto bene alle tre piante di aloe e, a volte, quando viene a trovarmi qualcuno, dico: hai visto le piante di aloe come sono belle? – e racconto la storia, come molti fanno, della pianta quasi morta e del miracolo.