Come eravamo felici, quando eravamo infelici nel millenovecento.
Tossivi e ti alzavi, sfuggivi alle mie grinfie.
Avevamo messo una coperta a far da parete per la più intimità. Ah ah ah.
Faceva un freddo cane, eri sempre arrabbiato e parlavi di filosofia e del tuo passato, che già allora era stato.
Parlavi come un vecchio e tossivi, da vecchio. Lo facevi apposta.
Non volevi che ti amassi troppo.
Tiravi su il bavero del cappotto che sembravi Puskin, e camminavi, nella neve.
Come eravamo felici, quando eravamo infelici nel millenovecento.
Siamo andati su un lago ghiacciato, abbiamo corso pericoli furiosi, fumavamo troppo.
Tu eri troppo scontroso. Una mattina, per farti perdonare qualcosa, di imperdonabile, mi hai regalato una rosa.
A volte ti sogno sulla porta o appoggiato al termosifone. Ti dico Ben tornato.
Hai sempre quel cappotto, non lo togli mai.
Lo tieni addosso per protesta , anche in sogno.
Sono venuto per darti questo, dici, come un ambasciatore, come un postino, come un bambino che esegue una commissione, un comando, mi dai un bacio, uno solo.
Freddo e caldo grande e piccolo alto e basso bianco e nero tutto e niente, e niente.
Poi te ne vai.